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La collaborazione di Gabriele Adinolfi con Orion data dal 2001.
Dal gennaio del 2002 essa è divenuta organica e strutturale.
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Chi voglia candidarsi per scrivere su Orion, per entrare a far parte della sua redazione, è invitato a contattarci. Non sono necessarie particolari capacità letterarie o virtù stilistiche, né chissà quali straordinarie e approfondite conoscenze. Tutto questo può essere acquisito col tempo in seno alla redazione, composta in buona parte di giovani. Nessuna appartenenza politica particolare è richiesta, così come nessun’appartenenza partitica osta alla collaborazione che si fonda esclusivamente sulla qualità degli intenti.
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ga@gabrieleadinolfi.it
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Un’altra possibilità di collaborazione è la distribuzione e la diffusione di Orion nella vostra città, provincia o regione.
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OTTOBRE 2005

da: " L'ora dell'onestà"

Luigi spicca sullo sfondo di questa vicenda per il coraggio e per l’onestà che ha dimostrato, tanto dall’essersi disposto per essa luglioal sacrificio estremo.
Non a caso onestà e onore hanno la stessa radice.

In nome dell’onestà battiamoci allora per tutti gli uomini onesti e rifiutiamo qualsiasi logica di etichettamento a priori.  Non dobbiamo dimostrare che la strage è anarchica, araba, comunista, ebraica o americana: la strage è una schifezza. Tanto ignobile dal cancellare, di per sé, la stessa identità originaria del suo autore. Una schifezza che corrisponde ad una cultura del potere e ad una dis/sacralità specifica. Una schifezza che solidifica un sistema criminale organizzato. Una schifezza alla quale non è lecito inchiodare a priori un ambiente politico, nessun ambiente politico, né per prevenzione né per convenienza.
Facciamo della battaglia per Luigi una battaglia universale. Allora avremo davvero capito tutto. Allora saremo davvero meglio degli altri; di tutti quelli che non sono disposti a crescere così.
Allora avremo combattuto nello spirito originario e non in quello dei tanti Urukai che pullulano ovunque.



SETTEMBRE 2005

da: " Maledetto toscano"

Per consolarmi pensai – con quelle pretese simbolico/metafisiche con le quali maschero il mio scetticismo generale – che era rilugliouscito a dare dei forti segnali anche con la data di morte.

Carlo, non c’è dubbio, era nazista ed è riuscito a morire a cinquantasei anni, alla stessa età del Führer; era polemico sopra ogni cosa ed è riuscito a perire nell’anniversario della dichiarazione di guerra delle plutocrazie alla Germania; era nazionalbolscevico ed eurasiatico ed ha scelto per andarsene una data in cui, sessantasei anni prima,  la Germania e la Russia erano alleate.

Se non è un modo di far dispetto anche alla morte questo…


AGOSTO 2005

da: " Fiume in piena"

Il futur/arditismo ci riporta a prima della Marcia su Roma, ad una fase prerivoluzionaria e ad una sfida radicale, quale fu quella lugliodi Fiume. Del dovere contro l’obbligo, della gioia contro la noia, della spregiudicatezza contro il conformismo, del bello contro il grigio, della poesia contro la grammatica, dell’azione contro la rinuncia, della follia contro la demenza.

Il futur/arditismo ci porta un’aria nuova, fresca, rigeneratrice e detta i tempi di una nuova (ancor oggi) iconografia che ben si allaccia con quelle di fight club e di Capitan Harlock, proponendo una nuova base di partenza, di una vera partenza. 1

Perché come ricordano in una nota canzone e sulle magliette stampate  proprio gli Zetazeroalfa: “la bellezza è nell’azione”. Ed ecco che Fiume è riassunta in pieno.

 




LUGLIO 2005

da: " Come pinocchi nel paese dei balocchi"

Carlo Gambescia, che abbiamo intervistato due numeri fa, è una mosca bianca, o perlomeno lo sembra. Fino a prova contraria – che ci auguriamo diluglio ricevere quanto prima – è il solo in Italia ad avere riferimenti antimaterialisti e correttamente scorretti che si sia messo ad analizzare la realtà in maniera sistematica e scientifica apportando un contributo preziosissimo.

È per questa ragione che parliamo del suo ultimo libro “Il migliore dei mondi possibili” edito in maggio da Settimo Sigillo, altrove che nella rubrica delle recensioni.

Più che di una recensione c’è bisogno di un’introduzione e di un invito alla lettura.

Una lettura che risulterà sicuramente ostica a chi non abbia un minimo di familiarità con testi universitari di sociologia ma che non lo sarà affatto per chi abbia almeno un’infarinatura in merito. La capacità di spiegare tutto, in modo chiaro e inequivocabile, pur trattandosi di materia complessa e articolata, è un prezioso dono dell’autore. (…) Egli spazia dalle tesi di Ritzer a quelle di Crouch, da Polin a Marx, da Campbell a Lasch, da Keynes a Galbraith, per darci un affresco della società nella quale viviamo. E, così facendo, ci offre spunti notevoli per l’azione futura.

Fatta l’analisi delle fasi di sviluppo del capitalismo (I fase razionalizzazione: 1880-1929; II fase capitalistico/statale 1932-1980) Gambescia sostiene che ci troviamo nella III fase, quella dell’iperconsumismo, avviata più o meno nel 1981. Tant’è che la “civiltà dei consumi” contro la quale Marcuse (ma non solo lui) aveva puntato l’indice assurgendo agli onori sessantottini, oggi è collettivamente vissuta non come una patologia ma come un valore.



GIUGNO 2005

da: " Dio e la scienza non abitano più qui"

luglio

Pietà !

Un’umanità stanca, sgretolata, sconnessa, tiepida, mediocre, infarcita di banalità, ha giocato al reality show dello scontro fra concezioni del mondo, ed ha fornito una pessima prova di sé.
Questa è la sintesi della lunga diatriba alimentata fra scientisti e credenti a margine del referendum sull’embrione. (…) Scienza ? Un concetto che si è fatto astratto: colpa ne è stata la separazione concettuale fra fisica e metafisica e soprattutto fra uomo e ambiente: una separazione che ha radici lontane e si nutre di cultura biblica. (…)Religione ? Ci vorrebbero volumi e un bel grado di presunzione per parlarne appena  sufficientemente.
Ci permettiamo di sostenere che oggi, dopo secoli di tira e molla, di volte e giravolte, di rigori e di lassismi, di meno e di più, i fedeli sono soli, talmente soli che quasi ognuno di essi ha il proprio personale Cristianesimo. (…)In questa sede c’interessa il fenomeno sociologico e psicologico della sua base di massa: ci premono i riflessi politici che un’interpretazione corretta o erronea comportano. E ci sembra necessario sgombrare il campo da equivoci e fallaci illusioni. Se solleviamo il velo, ci accorgiamo allora che il revival spirituale nasconde un verminaio. I fedeli credono nella religione come i progressisti nella scienza: delegano ad esse ogni responsabilità chiedendo, in cambio, di non dover assumere alcunché sulle proprie spalle.


luglioMAGGIO 2005

da: " Addio al Titanic"

Un mondo politico ghettizzato diventa una sub/cultura: in questo genere di ambiente le gerarchie si determinano al contrario: chi ha tempo da perdere, chi riesce poco nella vita, chi non ha interessi erotici perché imbranato, chi non sente responsabilità, mette radici. Gli altri hanno altro da fare. Chi strilla più forte, chi afferma le banalità più ottuse, emerge. Il massimo cui si può concedere dignità in questo quadro è la gerarchia del cazzotto. (...)
Non c’è via d’uscita da quest’area se si accettano i pregiudizi e i condizionamenti che l’hanno determinata e che ancora la contrassegnano. Si può, eccome, coniugare qualcosa di efficace e di nuovo, a patto però di rifiutare tutte, dicasi tutte, le categorie di condizionamento dell’azione e del pensiero che quest’area-ghetto ha coltivato. Perché ciò possa avvenire si devono intensificare le due azioni di centrifuga (dallo stagno dell’inerzia inacidita) e centripeta (intorno all’organicità e alla cosciente comunità di destino) coniugando il ribellismo quasi anarca di stampo Ardito – che tutt’altra cosa era rispetto all’insofferenza attuale degli individualisti borghesi verniciati di tinte pseudorivoluzionarie – con l’accettazione del sacrificio, della disciplina e delle gerarchie funzionali e intercambiabili che, sempre di stampo Ardito, furono riprese da un certo Pavolini nella miglior esperienza che Italia ricordi.

luglioAPRILE 2005

da: " Introduzione al confronto"

Noi vogliamo offrire opzioni realistiche e radicali.
Ragion per cui si deve affrontare il tema con una logica, una mentalità, una libertà di pensiero e d’azione, con una capacità critica che si sono smarrite marcendo per decenni  negli stagni dell’immobilità. Stagni nei quali si sono maturate due devianze opposte: da un lato un finto e infondato (perché non supportato dalle esperienze di vita) purismo rivoluzionario e, dall’altra, contemporaneamente, la coltivazione del pregiudizio democratico. Perché a credere ancora nei partiti e nella democrazia, benché predichino l’esatto contrario, sono rimasti solo i sedicenti antagonisti.

I quali:

- non si sono ancora resi conto che il sistema bipolare è diverso da quello proporzionale

- non hanno compreso le modifiche sociologiche e culturali intercorse dagli anni Settanta ad oggi

- credono che un partito possa giungere al potere (sic !) e modificare lo scenario nazionale e internazionale (!)

 Da queste vere e proprie follie che attestano l’incapacità di cogliere le categorie del reale proviene il mantenimento di una logica fideistica. Ovverosia, per molti:

- ad un partito bisognerebbe appartenere.

- per appartenere a quel partito esso dovrebbe essere la nostra fotocopia

- tramite questo partito/fotocopia si dovrebbe arringare e risvegliare la gente

In altre parole: stanno fuori anni luce dalla realtà che provano ad interpetrare per mezzo di queste lenti deformanti con risultati devastanti per sé e per gli altri.
Si deve invece iniziare a comprendere che si vive nell’era oligarchica, a confronto con poteri forti, in una società dis-sociata e nell’era del post/partito. Che come in ogni era del “post” non significa che non esiste più la categoria “partito” ma che ha assunto tanto una funzione quanto una connotazione completamente diverse da quelle cui i nostalgici delle gesta altrui continuano a riferirsi; accusando poi gli altri dei propri scontati quan
to prevedibili insuccessi.

luglioMARZO 2005

da: " Le mine dimenticate"

La Socializzazione rappresenta indiscutibilmente il compimento estremo della rivoluzione sociale mussoliniana. Economicamente essa rappresenta il punto di rottura con il capitalismo.
Non è assolutamente vero che durante il Ventennio l’economia fascista sia stata capitalista: tutt’altro. Ogni intervento legislativo attesta la continua aggressione, da parte dello stato nazionale e proletario, allo strapotere privato. Il Corporativismo, all’inverso di quanto ha voluto sostenere la propaganda marxista, ha rappresentato un’esperienza controcorrente rispetto al capitalismo, incentrata sull’organicità sociale. Il capitalismo, ovviamente, esercitò da sempre un’azione di contenimento rispetto alla rivoluzione autoritaria del Duce; sicché, inchiodato in una logica di azione/reazione, il Regime aveva finito col riuscire ad imporre agli industriali un rapporto di armonia tra lavoro e capitale, tra società e individualità. In questa logica di armonia (contrassegnata dal procedere inesorabile dell’azione sociale del Capo) si mantiene il rapporto capitale-lavoro durante il Ventennio.

luglioFEBBRAIO 2005

da: " Meglio un 'puro' di un puritano"

Sono i dannati vampiri, i grigi ladri del tempo della favola di Momo, a complottare contro il tabacco? 2  Forse. Ma c’è dell’altro, c’è la lunga onda fallimentare del Sessantotto: una contestazione generazionale che non raggiunse un livello di coscienza sufficiente per spingersi alle radici del problema.
La rivolta era viziata nel suo fondamento: esistenzialista e non esistenziale, finì col rivendicare “diritti” anziché opporre esempi vissuti di civiltà. Alzò la voce ma abbassò la mira: e girò in tondo, prima ancora che arrivasse Nanni Moretti.
La classe dirigente della gioventù contestatrice finì così col costruire una Torre di Babele per raggiungere i piani alti degli edifici esistenti. Il glorioso slogan “non vogliamo sederci alla vostra tavola, vogliamo rovesciarla” fu rovesciato a sua volta: i sessantottardi si sedettero alla tavola, a tutte le tavole. Come attesta in Italia la piaga trasversale dei baroni di Lotta Continua, onnipresenti e onnicensuranti.
Una volta saliti ai piani dell’amministrazione, i baldi ribellucci hanno condotto seco, come ultima giustificazione pietosa al proprio fallimentare bilancio, come ultimo ancoraggio a quel che rappresentarono, un’ansia di cambiamento. La licenza d’immischiarsi negli affari altrui, nei costumi altrui, per rettificarli. Rompicoglioni erano e rompicoglioni son rimasti.
Se prima attaccavano, sterilmente e inutilmente, i privilegi padronali e le ineguaglianze (senza preoccuparsi mai dell’iniquità, però) ora aggrediscono solo quel che non incide, che non scalfisce gli interessi dominanti, visto che son divenuti cortigiani.
Plaudono alle pulizie etniche, ai bombardamenti umanitari, all’uranio impoverito e censurano bacco, tabacco e venere.


luglioGENNAIO 2005

da: " Abbocchi sempre all'amo"

Simile in apparenza ma assai diverso nell’essenza è il ruolo del cattivo nell’ideologia di potere, un’ideologia che predomina da quasi diciassette secoli. (...) Alle radici di quell’ideologia dualista sta una profonda inconsistenza. Essa nasce nel deserto, nel tentativo autocratico di dare una coesione a gruppi di nomadi quasi ingovernabili. A questi gruppi, tale ideologia offre due spunti fortissimi: l’alleanza con Dio – che ne fa i figli per antonomasia – e la Legge concepita come regolamento per combattere il Male. Il tutto si manterrà coeso mediante il rito del capro espiatorio che consentirà ai seguaci della Legge di non finire preda della disperazione, come sarebbe naturale – e in fondo giusto – che fosse.
oiché il Bene di cui tutti questi oligarchi si riempiono la bocca, altro non è se non l’opposizione al Male ecco che però il Male si rivela indispensabile: è l’elemento di coesione dell’intero impianto. Meglio se si tratta del Male Assoluto, che agisce con il gusto di nuocere, così, per pura cattiveria. Ed ecco  allora che, oggi come qualche decennio fa, affiora la manifestazione di questa minaccia onnipresente, il terrorismo. Un fantasma si aggira per le nostre metropolitane: e solo il Bene lo può fermare. Cosicché tutti lo acclamano questo salvatore della pace  e visto che, in assenza del pericolo, ciò non si verificherebbe, puntualmente il “Bene” lo alimenta il suo “nemico”.
Come avvenne negli anni di piombo, anche oggi centrali di potere, servizi di controllo, cellule antiterrorisitiche, poste di fronte a coloro che dovrebbero stroncare, esitano a intervenire, lasciano fare; infiltrano, quando non creano di sana pianta, le centrali del terrore che rappresentano il principale – se non l’unico – elemento stabilizzante di un sistema maniacale di gestione del Caos. Un gioco torbido, a lungo collaudato, che si ripete nelle medesime forme, negli stessi meccanismi di allora.

luglioDICEMBRE

da: " C'era una volta Napoleone"

Non ci rimetteremo qui a rifar la storia, ma questo bicentenario dell’Incoronazione, ci dà lo spunto proprio per rammentare quanto segue: che la via bonapartista non ha esportato la Rivoluzione Francese, così come si dice comunemente, in quanto quella Rivoluzione era già in tutte le corti d’Europa da almeno mezzo secolo, ma al contrario ha imposto un nuovo modello partecipativo che, senza minare le classi dominanti, faceva comunque unità di popolo e innovazione di diritto. Contro quell’unità di popolo e contro il diritto si muove oggi la macina al contempo sovversiva e controrivoluzionaria di stampo oligarchico in tutte, dicasi tutte, le accezioni e varianti.

Non solo: il neocesarismo, in tutte le sue forme del XIX e XX secolo, ha frantumato lo schema dualistico che è quello su cui si fonda ogni tentativo di neutralizzazione degli uomini liberi e delle partecipazioni popolari ed ha offerto una sintesi che è al contempo figlia dell’uno e dell’altro campo ma, soprattutto, ne produce un terzo, unitario, etico, coinvolgente e superiore.

Ed è questo, oltre ovviamente alla grandezza, oltre allo stile di vita, oltre alla filo/sofia nell’accezione esistenziale e viva dell’Antica Grecia, che non si è perdonato al fascismo.

Ed è per questo che il post/neo/para/fascismo subisce un continuo attacco ideologico, fatto di contraffazioni storiche e filosofiche, da parte della reazione guelfa e del trasformismo neolibersita cui fanno da pendant delle fughe “a sinistra” di stampo neolaburista, intrise di pensiero debole.

 


luglioNOVEMBRE

da: " O Romolo o Remo"

Arafat nelle scelte degli ultimi giorni ci ha anche lasciato qualche messaggio significativo. Ha scelto di terminare la vita a Parigi,  in quella Francia laica che è sotto il tiro degli integralisti per la legge del velo. Musulmano ma innanzitutto palestinese e guerriero, Arafat ha preferito recarsi nella nazione più amica della sua terra piuttosto che in santuari, come l’Iran, che hanno della causa palestinese una visione strumentale perchè falsata dall’internazionalismo teocratico che è tipico di ogni internazionale religiosa. 2

Anche i funerali in quell’Egitto, patria di Nasser e Sadat, oggetto degli strali e degli attentati di frangie religiose integraliste, hanno un loro preciso significato.3

Arafat in questa maniera invita i suoi a non credere in quella logica dello “scontro di civiltà” che ci viene propinata dagli americani e che gli integralisti islamici, loro alleati oggettivi (ovvero a prescindere dalle complicità palesi e consapevoli che pur esistono in Arabia Saudita, in Kuwait, in Oman, in Cecenia, in Georgia, in Bosnia, in Turchia, in Pakistan, in Afghanistan, in Uzbekistan) fanno propria a tutto svantaggio del mondo arabo e dell’Europa, contribuendo a loro volta non poco alla tragedia della Palestina.

 

 

OTTOBRE

luglioda: " Un po' Augusto un po' Cyrano"

Le soluzioni politiche esistono, e anche su di esse abbiamo insistito spesso e non solo a parole; ma con azioni, programmi e fatti. Dette soluzioni, per potersi definire tali, devono tener conto della realtà com’è e di come evolve. Abbiamo insistito fino alla nausea definendo la necessità di solidificarsi, di conquistare spazi, di costituire lobby di popolo a vocazione sociale, di guardare ai rivolgimenti geopolitici futuri, puntando alla qualifica delle élites. Un ragionamento complesso, per certi versi difficile da seguire, perché è necessario avere bene a mente il tutto in modo articolato per non perdersi nei particolarismi.

Tutto questo è un moderno adattamento dello spirito avanguardista e squadrista. Poiché in quest’angolo della scacchiera l’azione precede la parola (o almeno così era nei tempi non virtuali), non esistono termini per spiegare questa strategia se non li mutuiamo dalla sinistra (dove il cervello precede l’anima). Prendiamo dunque a prestito quella terminologia, scopriremo allora che la nostra strategia è un misto di trozkismo, di gramscismo e di situazionismo. Ovvero è pragmatica ma subordinata alla coscienza e ad una rigida disciplina interiore, indissolubilmente legata ad una consapevolezza di quel che si vuol ottenere: ossia cambiare il mondo senza farsi cambiare da esso. Trotzky, Gramsci e i situazionisti ? Ma la miscela di quelle componenti esisteva già: in Mussolini !

 

 
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luglioda: " né fonte rossa né reazione"

Chi agisce ogni giorno, chi ha a che fare con disoccupati, con senza tetto, chi non ha un attimo per il suo sé borghese, chi si confronta, fattivamente e quotidianamente, con gente qualunque, ha un approccio sano con l’intelligenza, con l’analisi, con la riflessione, con la sete di conoscenza. Perché è mosso dall’intuito e si verifica costantemente nell’esperienza, sicché la comprensione razionale che ne consegue è effettiva, non virtuale e preconfezionata. Per chi invece, spesso per ragioni geografiche o sociologiche, se ne sta rinchiuso in una nuvoletta, l’unica soluzione è l’astrazione. (…)L’intelligenza deve permetterci anche di comprendere cosa è esattamente in palio in ogni singolo luogo e in ogni momento e quali alleanze sono in atto. Perché sovente avviene che i più potenti, i dominatori veri, si alleino con i più deboli – o piuttosto li armino e li proteggano temporaneamente  - per indebolire tramite quella carne da macello, le forze di livello  intermedio considerate rivali potenziali dal gotha americano. È questo il gioco che è stato attuato in Jugoslavia, in Cecenia, in Ossezia. Né diverso è quello che, attaccando Arafat e Saddam Hussein per far progredire l’integralismo islamico e per potenziare al tempo stesso Israele, è in pieno svolgimento nell’Oriente Medio. (…)Vogliamo mettere a nudo le vere e perverse intenzioni che fanno da sostrato a tutte le interpretazioni del passato e del presente che la fanno oramai da padrone nel nostro habitat al solo fine di mutarlo antropologicamente per svuotarlo ed annichilirlo. (…)Né permetteremo a voi, antifascisti e sfascisti che vi mischiate al nostro mondo, di aiutare scodinzolosi i Ledeen, i  nuovi Russomanno, gli intellettuali di sinistra, i maestri del pensiero progressista, i moralisti guelfi che vi fanno tanto sbavare, tutta la canaglia variegata che opera per rinforzare il sistema del Crimine Organizzato e per perpetrare le utopie delle terre promesse.

 

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luglioda: " Stelle danzanti e lampade al neon"

L’alternativa non è più, né può più essere personale, immaginifica, statica, estetica, moralistica, verbosa, gestuale. L’alternativa non può neppure essere propriamente antagonistica, in quanto pretendere di sfidare il potere soprannazionale invece di mettersi fattivamente all’opera per cambiare il proprio habitat e, di lì, con l’esempio, incidere a macchia d’olio sulla società, è indice di puerilità o di rimbambimento. Nessuna concorrenza formale, nessun dualismo valoriale può ingannare ancora: ognuno si avvede di quanto tutto ciò sia vacuo. L’alternativa è radicale ovvero sta nel radicamento.  Autonomia esistenziale, difesa degli spazi sociali, qualifica delle élites, perseguimento di una lobby di popolo: queste le grandi assi di una linea radicale che abbiamo teorizzato anni fa e che si sta tracciando. (…)Noi siamo persino convinti che ci sarà posto, un giorno, nel mondo concreto, anche per le forme attraverso le quali la politica si fossilizza nel mettersi in scena rispetto al mondo. Dunque per i partiti di opposizione, purché completamente rivoluzionati

 

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luglioda: "Da Mao a Maometto"

Nel virtuale, nel microcosmo interghet, o, al massimo, nelle riflessioni intranet, si esaurisce tutta la partecipazione sociale e politica di quel residuo neofascista che non riesce a rifondarsi per passare all’avanguardia. Ammesso, poi, che lo voglia. (…)tra imitazione e parodia il confine è labile e, quando lo si varca, si commette un abominio dal quale è ben difficile riprendersi perché ci s’invischia nelle sabbie mobili. E, per dirla con Battiato, miei cari, “tirate giù”…. Che una buona parte della Destra Radicale abbia iniziato a tifare per la guerriglia islamica accettando come autentico quello schema duale che oggi si chiama “scontro di civiltà” e che ieri era impostato sullo “scontro est-ovest”, mostra senza ombra di dubbio quanto essa si senta spettatrice e pretenda di essere protagonista per l’esclusiva via del tifo, ovverosia del transfer psicologico. Ma qui non si tratta di puntare su Nedved, Totti o Van Nistelrooy perché lo scenario al quale assistiamo è quello, completamente truccato, del catch.

 
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da: "Tra rovine d'uomo"
non vogliono in nessun caso essere messi di fronte a se stessi. E chi parla di Evola ha come implacabile pietra di paragone l’uomo che fu pittore, poeta, filosofo, alpinista, volontario in guerra, preparatore di SS, presente nel pugno scelto che accolse Mussolini subito dopo la liberazione dalla prigionia sul Gran Sasso, operativo oltre le linee, invalido di guerra ma subito aderente ai Far, animatore del radicalismo postbellico e osservatore intransigente della società contemporanea e della postciviltà dei consumati. (…) Critiche son dunque lecite alle opinioni evoliane (proprio per quel che riguarda la politica è pertinente definirle così, laddove in tutto quel che concerne la visione, la percezione, la critica, del mondo e dell’uomo, si deve utilizzare il termine Idee) (…) Con tutte le riserve del caso, l’Evola politico offre in ogni modo, a chi non sia irrimediabilmente ottuso, delle prospettive realistiche, sia individuali che progettuali che, immancabilmente, però, i lettori mai han saputo mettere in pratica (…) Essenziale, in Evola, è quanto sottende al sacro ed alla sua esperienza (…) 


Notoriamente, in polemica col Guénon, Evola affermò la superiorità gerarchica della figura guerriera su quella sacerdotale e, dunque, dell’esperienza attiva sulla contemplazione. (…) Evola, in altre parole, ci fornisce la chiave di lettura di quanto di profondo, di verticale, di trascendente, sussiste in una battaglia esistenziale prima che di ogni altro genere; ci consente di cogliere quel che eleva e significa il nostro impegno che, altrimenti, ristagnerebbe nel contingente, nel relativo, nell’orizzontale, nel caduco, nell’effimero. Anche se in pochi son riusciti a districarsi dal conformismo intellettuale ed esistenziale comune ai suoi critici, ai suoi emuli, ai suoi detrattori e a coloro che lo hanno assunto ciecamente per poi rinnegarlo, quei pochi han lasciato solchi profondi. Innanzitutto in se stessie poi nel loro tracciato tangibile. Tralasciando quelli comunque ancora vivi e attivi, basti citare Clemente Graziani, Leucio Miele, Walter Spedicato. Uomini, questi, d’insegnamento completo, di affermazione esistenziale, di testimonianza tradizionale ma, anche, artefici rivoluzionari immuni da ogni torcicollo. (…) Come aveva linearmente sancito Adriano Romualdi. “I più si identificano con una certa posizione raggiunta, altri vogliono essere più che sembrare qualcosa, e cercano se stessi oltre le loro opere. Evola appartiene a questi ultimi.

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da: "Quando sento parlare di politica"
(…) la scarsa adesione emotiva e passionale al tentativo in atto da parte dei vari Rauti, Romagnoli, Fiore, Tilgher, Scicolone/Mussolini-per-progenie, di occupare gli spazi lasciati da Fini alla sua destra. Una comprensibile mancanza di entusiasmo che non si tradurrà, necessariamente, nel rifiuto di un sostegno nelle urne ma che tradisce la consapevolezza, forse non espressa razionalmente ma profondamente sentita, dell’inutilità della politica classica. (…) non ci troviamo nella palude in cui giacciamo per colpa di qualche traditore e di un pugno di venduti ma perchè siamo entrati in una nuova fase di civilità. Alla quale non si può rispondere nel modo più assoluto con i criteri della civiltà precedente perché, semplicemente, non funzionano più.(…) l’agglomerato umano, sociologicamente parlando, è soggetto a tre fasi consecutive: la pre-sociale (che è caratterizzata dal tribalismo, dagli interessi delle famiglie ecc.), la sociale e la sovra/sociale (la quale ultima è il frutto di una eccessiva evoluzione della società che alla fine del percorso si ritrova rigettata nello stadio presociale che si presenta in uno stato al contempo sublimato e degenerativo).(…) l’attuale democrazia totalitaria si fonda non soltanto sulla dittatura finanziaria e mediatica ma anche sul coinvolgimento di una burocrazia privata e pubblica, parassitaria o poliziesca, già enumerabile per oltre cinquanta milioni di individui.(…) andremo a convivere ogni giorno di più con la restrizione degli spazi politici e culturali, con l’abbrutimento dei costumi, con le guerre etniche e con il terrorismo diffuso e normalizzato. Il quale ultimo, il sovra/potere americano suscita, anima e chiama a colpire seguendo le prassi collaudatissime della strategia della tensione.(…) chi voglia costruire qualcos’altro che non castelli di sabbia deve ragionare nei termini stessi della sovra/società. Deve soprattutto comportarsi sapendo perfettamente di trovarsi nel post-società e non fare invece finta di vivere in uno scenario che è tramontato da decenni. Abbandonando Proust e Pavlov e, con essi, tutti i cerimoniali ai quali si aggrappa pateticamente, deve puntare ad un obiettivo preciso:deve fare lobby, cercando allo stesso tempo e con sforzo sovrumano di mantenere aperti gli spazi, di intervenire, localmente, perché globalmente è impossibile, per garantire esperienze sociali ed economie sociali.
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da: "Diounicomercato"
Che i guardiani del Diounicomercato siano giunti al di là del crimine e della delinquenza, oramai addirittura in preda ad una sorta di alienazione mistica devastante, lo dimostra già di per sé il fatto che essi non abbiano alcuna coscienza del – o comunque non prestino alcuna attenzione al – male che commettono su larga scala solo per perpetrare il rito del Potere a spese di milioni di tossicodipendenti, di miliardi di sottoproletari coatti, di intere generazioni future votate al nichilismo disperato nel migliore dei casi. (…) Solo una mistica distorta, sconvolta, sconvolgente, devastante, può produrre una simile patologia criminale. Questi uomini si sentono “eletti” e, perciò, giustificati a compiere qualunque cosa. Al contrario qualsiasi ostacolo cosciente o incosciente si frapponga tra di loro e un obiettivo preposto, li istiga ad intervenire senza alcuno scrupolo, anche sacrificando centinaia di innocenti per ottenere degli “effetti collaterali” terribilmente materialistici. 
Questi atti sono così assurdi dal risultare del tutto incomprensibili non solo agli esseri normali ma persino alle masse più abbrutite che ancora non hanno raggiunto una così bassa considerazione della vita umana. (…) va contrapposta non un’altra edizione della medesima alienazione liberticida, omicida e culturicida ma la vocazione popolare e la sacralità al contempo eretica ed ortodossa che ha contrassegnato lo spirito e la lettera del fascismo così come già aveva fatto per molti ambienti politici e sapienziali (pensiamo a Dante) durante la primavera ghibellina dell’età di mezzo.
Che, non a caso, furono esempi contemporaneamente sociali e guerrieri contrassegnati da virilità spirituale e dall’incontro, così latino dell’ Amore e dell’ Onore.
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da: "Tra golpe e rivoluzione"
Né destra né sinistra. O come giustamente arguiva De Benoist “e destra e sinistra”, così potremmo definire il fascismo. Meglio ancora potremmo definire il fascismo come centralità. Una centralità che non ha alcunché in comune con il centro statico, compromissorio, stagnante del tipo giolittiano o democristiano. Una centralità che si manifesta e si conferma in movimento (perché il fascismo è innanzitutto movimento, dinamica, azione). (…) Senza interessarsi troppo alla questione delle scelte, che fu lasciata a sparute minoranze, i giovani attivisti, militanti, ribelli, fedeli al loro dna storico ed antropologico, si gettavano continuamente nella mischia con un solo imperativo: l’azione. L’azione contro tutto e tutti (democristiani, preti, banchieri, comunisti, russi, americani) non lasciava tempo per stabilire le priorità degli schieramenti nemici. (…) Il nodo sta nella mentalità. Nella mentalità, non nell’atteggiamento. Chi ha inteso strumentalmente il rapporto con la politica, con il popolo, con la gente, chi lo ha concepito strumentalmente con la base militante, ha di fatto tradito per anni la sua matrice e i suoi stessi camerati: chi ha avuto una vocazione idealista e aperta, generosa e funzionale (essere strumento è l’opposto di strumentalizzare), ha realmente portato la fiaccola attraverso il buio.
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da: "Bentornati nel futuro"
Non avremo alcun’Europa libera, indipendente e potente fino a che le sue classi dirigenti, i suoi filtri informativi e le sue genti tutte saranno preda delle pochezze borghesi e delle costruzioni ideologiche prodotte dal pensiero debole e dalla globale e incondizionata intolleranza “politically correct”. Escamotages psicologici e concettuali che consentono a uomini flaccidi e indecenti di darsi una parvenza di solidità e di civismo evitando accuratamente di  verificare che il sistema in cui vivono è una miscela di vampirismo e di cannibalismo. Uomini inconsistenti, corrotti nel midollo, incapaci di rinunciare, di sacrificarsi, di mettersi a rischio, in altre parole privi di amore e di onore, non potranno competere con uomini identici, in sella a New York o altrove, che hanno materialmente più frecce al loro arco: non possono perchè ne hanno troppa paura. Tutta la questione epocale che si cristallizza sull’Europa e sull’alternativa dirigista non avrà allora soluzione se prima non se ne risolve un’altra. C’è la necessità imprescindibile di una rivoluzione. Non tanto di un cambiamento sociopolitico quanto di una mutazione antropologica
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da: "Polaris"
L’alternativa politica non esiste. Potrebbe, ma finora non ha dimostrato la capacità di concepirsi in modo completamente nuovo, da capo a piedi. Che si tratti delle nuove velleità dell’estremismo di sinistra (sempre più reazionario nei riflessi e nelle proposte) o delle nuove reazioni emotive dell’estrema destra (sempre e comunque velleitaria e virtuale nelle prospettive e nelle alternative), l’opposizione si sta confermando una nebulosa. (…) Dopo la fucilazione di quasi tutta la classe dirigente fascista, il neofascismo è stato, infatti, più una farsa che un dramma. A salvarlo dall’ignominia è intervenuta, di tanto in tanto, la tragedia; ma i protagonisti della tragedia sono morti, o sono stati carcerati, o sono stati esiliati o sono partiti disgustati. L’assenza di denari e di prospettive ha altresì impedito che i più volenterosi popolani si avviassero ad una carriera politica: dovevano sopravvivere e mantenere le famiglie. È rimasta la borghesia che si è a sua volta differenziata. I produttori hanno creato iniziativa e si sono lasciati alle spalle una vita politica patetica ed avvilente: i parassiti, gli speculatori hanno approfittato del partito – o dei partiti – come di un ente di parastato per fare carriera provocando scientificamente la fuoriuscita di qualsiasi spirito critico.
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da: "Se questo è un uomo"
Fini è stato allora probabilmente agitato come tranquillizza-passeri. Il governo Sharon gli deve aver chiesto di fare la marionetta – il che non deve risultargli di certo più difficile di atteggiarsi a leader politico – per poter dimostrare alle comunità israelitiche in Europa con l’esibizione di un simbolo eclatante e succoso che la linea scelta a Tel Aviv non alimenta l’antisemitismo e indurle così a sostenere una politica che esse, giustamente, temono ogni giorno di più. (…) Né alcuna reazione ha prodotto il fatto che il Fini sia stato insignito del titolo di battistrada delle nomenclature trozkiste prescelte dagli Usa per governare Polonia e Bulgaria con l’ordine di fungere, insieme all’establishment ungherese e ceco, da cuneo in chiave antieuropea. Ruolo che Bush in persona ha pubblicamente e pomposamente offerto al Signorsì viceprimoministro (…)
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da: "Del libro e del moschetto"
Il pensiero e l’azione sono, insieme, marchi di individualità e di universalità e, dunque, linguaggio con o senza le parole, sun-taxis che tesse e connette il mondo animato. (…)La cosiddetta strategia gramsciana degli intellettuali neodestri è nata morta  in quanto ha accettato la separazione tra pensiero ed azione ed ha apportato una gerarchia, se non di valore quantomeno di tempo e metodo, secondo la quale l’azione scaturirebbe dal pensiero. (…)Tuttavia quando l’azione si svolge in tanti microcosmi paralleli e non comunicanti, essa produce rivoluzioni silenti ed impercettibili ma inesorabili e inarrestabili, perché sono l’effetto di milioni di rivoli carsici i quali s’ignoran tutti ma scorrono sotto la superficie e cambiano il mondo. (…)ma nella concezione pragmatico-cinica del centrodestra, il pensiero non è altro che ostentazione salottiera, fregio accademico: un fiore all’occhiello.Ciò è il prodotto della dominante cultura borghese che è frutto di una vera e propria selezione inversa, particolarmente evidente nel filone post/neofascista (…)Nessun atto, qualche gesto, molte parole: a questo può ridursi il fil rouge di un annoso recitare quel che non si è, un recitare quel che non si è che - nel suo spietato irrealismo, nella sua totale inaderenza alle cose surrogata dalla più assoluta aderenza ai clichets che nascondono le cose - ha trascinato generazioni intere di politici neofascisti in una dimensione virtuale, astratta, non vera. Finti, atteggiati, sovente cialtroni. (…)s’impantanano vergognosamente nella più pietosa delle caricature. Ed esattamente come tanti parroci noti ai loro parrocchiani per vizi squallidi e sordidi, recitando nei secoli splendide omelie hanno disaffezionato i fedeli più di quanto abbiano fatto centrali ostili al Cristianesimo, i nostri “eroi” arrecano più danni  loro a quel che professano di quanti non ne producano invece gli avversari dichiarati. (…)Non si deve leggere Nietzsche, si deve essere Nietzsche. Non si può proporre Evola, bisogna essere Evola.
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da: "Punto e accapo"
Ora si tratta di proseguire queste operazioni articolate, a volte indipendenti tra loro, rispondenti a diversissime necessità, predisposizioni, situazioni locali, possibilità. Non sarebbe possibile farlo se non partissimo dalle considerazioni emerse. E cioè: se erano presenti centinaia di persone provenienti da oltre cinquanta provincie italiane, militanti non solo in organizzazioni locali, politiche o metapolitiche che si vogliano, ma, a diverso titolo, anche nella Fiamma, in Forza Nuova, nel Fronte Social Nazionale ed in Azione Giovani; se tutti costoro sono convenuti ed hanno potuto convivere come non riescono a fare altrove; se tutto questo è accaduto ci dovrà essere un perché. (…) anche perché siamo stati fedeli esecutori di tutto quel che abbiamo annunciato e, cosa non comune, perché lo abbiamo eseguito esattamente come lo avevamo annunciato. Perché, in un mondo prigioniero di ambiguità e convinto dell’opportunità di parlar biforcuto e di ricorrere a sotterfugi, siamo certi che la chiarezza non solo sia un valore imprescindibile ma che contrariamente ai clichets dei furbi  che ammiccano con occhio libidinoso, paghi. (…) A tutti coloro che si attendono indicazioni da noi, diciamo: non intendiamo profittare del risultato per fare qualche altra cosa ma per potenziare ed articolare quello che già si sta facendo. Il che è non meno impegnativo che efficace. (…) Per chi non recita, se non tragedie.
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da: "Polline e Miele"
Nelle aree a forte connotazione ideologica, coloro che non hanno concepito la politica come lottizzazione, spartizione e micro-amministrazione si sono dedicati ad esternazioni a singhiozzo. Prigionieri della logica dittatoriale e fuorviante dell’immagine, essi hanno messo ogni sforzo al servizio della visibilità. E questa visibilità, all’estrema destra come all’estrema sinistra, essendo di fatto disgiunta da una mobilitazione costante e senza posa e soprattutto da un radicamento sostanziale nella società, essendo divenuta in concreto pura gestualità, si è fatta giorno dopo giorno più reazionaria (…) Nel pieno caos imperante, in epoca di disgregazione, come per opposizione interna, per dicotomia, si sono andate consolidando una serie di strutture metapolitiche di ogni ordine (memoriale, militante, economico, sociale, editoriale, musicale, artistico) che hanno finito col rappresentare il cemento, l’elemento coesivo e costruttivo di un’intera area, almeno per gran parte del centronord. E quel che più conta è che questa dicotomia tra sostanza e apparenza, tra costruttività e visibilità è di ordine qualitativo e non il frutto di divisioni umane perché - e questo è il dato rilevante - non solo tra i partecipanti ma tra i promotori e tra i responsabili dell’atollo sostanziale ne troviamo diversi che al contempo militano nella politica che si dà forma partitica antagonista. Insomma tra sostanza e visibilità c’è la differenza che esiste tra l’iceberg tutto e la sua punta emergente, o almeno così dovrebbe essere, e probabilmente così effettivamente sarà allorquando si cesserà di costruire movimenti, movimentini, coordinamenti, partiti e partitelli per pura e semplice esternazione narcisistica individuale. E allorquando si comprenderà che in quest’epoca il partito, che pure mantiene una funzione potenziale, non è neppur più il ferro di lancia terminale dell’asta. (…) Capitalizzare quanto si è riuscito a costruire - specie in noi stessi - e farlo in quella triplice direzione (disciplina di sé, padronanza tecnica, azione popolare) è lo scopo che ci siamo prefissi per i prossimi due o tre anni. In questo periodo allargare e potenziare le strutture già esistenti, duplicarle, moltiplicarle, avrà persino meno valore che non preparare adeguatamente un numero cospicuo di persone dalle quali ne possano scaturire una ventina che siano quadri davvero politici ma non solo, esistenzialmente marcati in modo assoluto e non compromissorio.
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da: "Superiamo il capitalismo"
In genere si tende a confondere sempre un sistema che prevede la proprietà privata e la libera iniziativa con il sistema capitalista e quest'ultimo con il liberismo (il dogma del libero mercato). (…) non c'è invece equivalenza assoluta tra il capitalismo e il liberismo. E come altre scuole di pensiero (l'economista francese Allais, premio nobel per l'economia) spiegano, nemmeno vi è equivalenza obbligata tra capitalismo e proprietà privata. Aggiungiamo che capitalismo vuol dire prevalenza assoluta del capitale sul lavoro, sui diritti e persino sulla proprietà privata (non lasciamoci ingannare dalle "privatizzazioni" che sono operazioni di esproprio a buon mercato dei beni collettivi da parte di holdings anonime). Si tratta dunque di una perversione gerarchica oltre che di un’iniquità sociale. (…) Si devono produrre economie alternative, fondate sulla proprietà sociale e su di una gerarchia corretta tra lavoro e capitale, il quale ultimo dev’essere inteso esclusivamente come strumento della comunità proprietaria e lavoratrice. Costruire un sistema di vita e di economia completamente diverso, cosciente ed autocentrato, che sia animato da uno spirito predatore, di conquista, e non dalla chiusura a riccio dietro una barricata immobile, e coniugarlo con una prospettiva politica generale ispirata all’affrancamento dall’americanismo, è una tappa obbligata per l’instaurazione di un processo di autodeterminazione e di liberazione. (…) Etica, empirismo, intuizione, metodologia, fatica e programmazione, tutto questo accompagnato ad una capacità di rimettere in causa le certezze acquisite e i luoghi comuni dell’ideologia cristallizzata, costituisce una dinamica di avanguardia e non di retroguardia, il cui scopo è quello di riuscire, finalmente, il superamento del capitalismo.
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da: "E' arrivato Godot"
Godot si è manifestato; se non altro ci ha inviato una cartolina. La sua ultima veste, come abbiamo potuto constatare, è quella di un franco-germano-russo, il suo progetto (vero ? Reale ? Virtuale ? Pretestuoso ? Strumentale ?) si chiama Eurasia. (…) La partita c’è davvero ed è in svolgimento da decenni, la posta in gioco è chiara, il vero problema sono i giocatori al di qua della scacchiera i quali  non godono di un vero e proprio sostegno di massa e sono ostaggio di troppi condizionamenti (…) Ed anche le soluzioni americane rispecchiano quelle che avevamo previsto e che non possono che acuire la frizione con l’ Europa. “I Paesi europei, o perlomeno la maggior parte di essi, dovrebbero fronteggiare i costi con ritorni del tutto trascurabili (…) spingendo con molta probabilità l’intera area europea verso una nuova fase recessiva”. Uno scenario magnifico per chi auspica radicali sconvolgimenti e, soprattutto, che si cambi registro. (…) chi diserterà quest’impegno, chi rimarrà al palo, chi si farà sfuggire la sabbia tra le dita, non sarà di certo tra i protagonisti della nuova opera alchemica. A buon intenditor… (…) forse ha ogni giorno di più ragione il grande visionario tedesco quando esclama: “Oh, benedetta ora della folgore! Mistero che precede il meriggio! Farò un giorno di voi fuochi divampanti, e apostoli con lingue di fuoco: e con lingue di fuoco annunzieranno un giorno: Viene, è vicino il grande meriggio!”
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da: "Sii il signore di te stesso"
Il Regime Fascista pretendeva dagli italiani che essi fossero integri, coerenti, consequenziali, onesti e disposti al sacrificio; ma esisteva anche un’altra Italia, cresciuta nei secoli in una cultura di servaggio, di furbizia e di interesse individuale, un’Italia disincantata, amorale e moralista. (…) Nulla di nuovo sotto il sole, dunque: ci siamo già cascati e continueremo a cascarci. (…) Nessun pastore e un solo gregge ! Tutti vogliono la stessa cosa, tutti sono uguali: chi sente altrimenti va da sé al manicomio.‘Una volta tutti erano pazzi’ dicono i più astuti, e ammiccano. (…)‘Noi abbiamo inventato la felicità’, dicono, e ammiccano gli ultimi uomini” (…)Come non ci stanchiamo di ripetere da almeno tre anni, la conditio sine qua non per la fuoriuscita dal labirinto del delirio nel quale ci hanno costretti tutti quanti è la qualifica delle élites.(…)  è necessario che alcuni siano disposti a riscriversi daccapo: nel modo d’intendere prima ancora che in quello di agire e di esprimersi.A tre anni di distanza, torniamo a quello che per noi è l’insopprimibile punto di partenza: la necessità di ribaltare tutte le nostre finte certezze e di liberarci di tutti i riflessi condizionati, così come sostenevamo ne “Le api e i fiori”.
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da: "Indagine sull' America e sul nostro futuro"
Negli ultimi quattro anni la potenza americana si è notevolmente ridimensionata. L’economia è entrata nella più forte recessione della storia dopo quella del ’29 (…) Gli Usa possono sopravvivere, come superpotenza, solo con la forza. Solo continuando ad imporre militarmente il WTO (…)Quella che rischia di nascere in risposta alle disinvolte angherie degli americani (ovvero quella eurasiatica, sia economicamente che politicamente parlando) è tutto meno che una potenza secondaria. (…) A patto di sapervi agire su tre livelli distinti: quello della mobilitazione storica e metastorica (…) quello della qualifica delle nuove élites (…) quello delle economie sociali che superino nelle esperienze le storture del capitalismo

L’articolo comprende una disamina per certi versi sorprendente dei fattori economici, sociali e tecnologici degli Stati Uniti e dell’Eurasia

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da: "Facciamo l'Europa: Nazionale, Imperiale e Rivoluzionaria"
"Venuto meno il bipolarismo imperialista abbiamo assistito alla timida nascita di un’entità europea ed al contemporaneo intento americano di dominare definitivamente il mondo. Nel frattempo abbiamo visto nascere o rinascere i nazionalismi dimenticati, abbiamo registrato il risveglio di fierezze regionali antigiacobine, dalla Bretagna alla Pianura del Po."

"le classi dirigenti di transizione, i tecnocrati ed i portaborse della repubblichetta post(?)tangentista, si sono messi a riscoprire la patria e il paese (la nazione, quella, ovviamente mai).Il loro tardivo riconoscimento dei valori aviti, che si è spinto fino a farli rendere omaggio ai combattenti di El Alamein, non è nemmeno sospetto: è chiarissimo (…) Quell’Italia di cui cianciano proprio coloro che ci hanno negato e continuano a negarci qualsiasi ruolo politico e morale di rilievo nello scacchiere internazionale, altro non è che una provincia alla sudamericana del colonialismo inglese e statunitense."

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"è contro l’ipotetico riproporsi del nazionalismo rivoluzionario che l’oligarchia dominante s’è impegnata per sei decenni soprattutto in Europa.
Ebbene, questo nazionalismo rivoluzionario, fin dai suoi primi afflati napoleonici, ma specialmente a partire dalle sue espressioni germaniche, italiche e mitteleuropee, si è scoperto universale e continentale.
L’Europa come Impero delle patrie, ovviamente nella piena accezione del termine, si disse un tempo. E quel concetto, mai morto, torna oggi ad essere attuale."
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"Perché essere nazione non è un capriccio della geografia ma una valenza essenziale. È uno stadio di identificazione del procedimento dell’uomo verso l’universalità trascendente.
Un’identificazione di per sé insopprimibile e che va assunta ed onorata, secondo quell’aspirazione universale propria del nazionalismo rivoluzionario: di D’Annunzio e Corridoni, di Mussolini e Pavolini."
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"La libertà, la dignità e un ruolo da protagonista: tutto ciò va conquistato, non ci verrà dato in elemosina da chicchessia. Smettiamola di fare i mendicanti !"
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da: "Ben oltre la nostalgia"
1) Reputiamo che il fascismo abbia rappresentato la risposta spiccatamente moderna alla crisi esistenziale, sociale e morale che attanaglia i paesi sviluppati. (…) In altre parole se non è inesatto ritenere il fascismo un fenomeno storico compiuto, è altrettanto lecito se non doveroso andare ad abbeverarsi a questa fonte, andare ad orizzontarsi con questa bussola (…) 2) È in atto un’opera di storicizzazione del fascismo che comporta quella che Maurizio Murelli ha definito bonapartizzazione di Mussolini. (…) Qualora questa normalizzazione avvenisse senza interferenze da parte dei diretti interessati, di quelli veri intendiamo, la storicizzazione si trasformerebbe in mummificazione e quindi in neutralizzazione delle straordinarie potenzialità, attuali e future, insite nella tradizione mussoliniana e pavoliniana.3) Se si consente di traghettare il fascismo nella galleria della normalità, ma privato del suo spirito e con anima stereotipata, si lascia che nel millennio appena iniziato entri un cadavere e non un seme fecondatore.” 
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"Noi che non amiamo il Ku Klux Klan o le Guardie Svizzere, preferiamo conoscere il fascismo laddove e come esso è nato e si è affermato: imparando dagli Squadristi e dalle Brigate Nere.” “L’aspetto rivoluzionario, deflagrante, sconvolgente, vincente e, per tutti gli altri, terrificante del fascismo squadrista e repubblicano, è l’assoluta semplicità con il quale propone e pratica l’essenzialità.”
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“(…) Pavolini è politicamente e programmaticamente attuale avendo già, con sei decenni d’anticipo, risposto alla globalizzazione (…) Lo ha fatto negli orientamenti (il Nuovo Ordine Europeo poliarchico ed etniarchico anticipa le soluzioni imperiali europee (…) Le sue scelte sia dal punto di vista organizzativo (territorializzazione, binomio decentramento-coordinamento, assemblearismo) che da quello socioeconomico (superiorità del lavoro sul capitale, valorizzazione della produzione cogestita) vanno nel senso della localizzazione (…) Le scelte selettive ed operative fondate sul sacrificio, sull’onere e sulla generosità a tutti i livelli (sacrificio della vita, solidarietà, assistenza ai bisognosi) gettano le basi di un’autentica élite.”
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“Fascismo allora come spunto, esempio e orientamento. Fascismo come ritorno al futuro.”
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da: "Noi Lama Editoriale"“La grande operazione ipnotica dell’alta finanza, il suo lucente castello di carta, è a rischio di andare in fumo, vittima di una crisi globale (iniziata sul Pacifico asiatico e proseguita in tutto il Nuovo Mondo) che renderebbe il tracollo del ’29 una vera e propria barzelletta.
C’è molto all’orizzonte di cui riempirsi il cuore.” “Alle tante lobbies che imperversano, unite da interessi, fedi o costumi (clericali, omosessuali, massoniche, ecc.) si può contrapporre la forza solidale ed il marchio di riconoscimento del mondo nazionalrivoluzionario, non per costituire una lobby di più ma per formare la lobby alternativa. La lobby di popolo, quella che impedisce gli artifici antipopolari, quella che tende a socializzare e a difendere il bene comune. L’avanguardia neoghibellina che sventa il soffocamento finale del poli-uni-partito guelfo, nemico atavico della civiltà e della storia.
(…) È indispensabile procedere alla formazione. (…) Una formazione che sia, anche, formazione economica, dotazione di strumenti, realizzazione di realtà sociali dipendenti solo da se stesse, dalla propria forza lavoro e dalla ricchezza della loro ineguagliabile capacità relazionale, una capacità che hanno ereditato da oltre mezzo secolo di battaglie. Una formazione che sia, insomma, strutturazione. Una strutturazione che vada nel senso indicato e che lo faccia perseguendo strumenti agili d’intervento mediatico e sociale.”
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“La nostra metapolitica è, pertanto, indubbiamente politica.
Lo è negli indirizzi, lo è negli scopi, lo è nelle relazioni, lo è nelle dinamiche, lo è nei progetti, lo è nelle attuazioni. Ma vuole esserlo molto di più. Non abbiamo alcuna intenzione di esprimere soggetti alternativi ad altri soggetti esistenti, né di esporre programmi o indicare esclusivismi ideologici. Non rincorriamo poltrone né primi piani davanti alle telecamere.”
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“Ed ecco che la nostra azione si vuole assolutamente in controtendenza rispetto alle consuetudini e pretende di allargarsi a tutte le vie dell’espressione. Non soltanto intellettuale e artistica ma esistenziale ed interventistica. Come c’insegnano i veri uomini di cultura: da Filippo Tommaso Martinetti, fondatore dell’Associazione Arditi d’Italia e Volontario di due guerre mondiali prima ancora che massima figura del Futurismo, ed Alessandro Pavolini, fine e brillante letterato, genio toscano, fondatore delle Brigate Nere e Segretario guerriero del PFR.”
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da: "Essere spada"“(..) vegetiamo in un limbo d’incoscienza, in preda al  deliquio, immersi in una realtà di cui a stento cogliamo le ombre, simili ai “precog” di “minority report” ma privi del loro dono divinatorio. Come sosteneva argutamente Gurdjeff e come ci ha recentemente rappresentato il film “Matrix”, noi non mangiamo le bistecche, siamo mangiati dalle bistecche…”
“Spiritualmente  si tratta di una civilizzazione dai tratti omosessuali, eunocoidali, in cui si è prigionieri della caricatura della Grande Madre, o meglio di una grottesca mamma mediterranea.” “È per “vestire gli ignudi” come diceva Pirandello, che si attribuiscono potenzialità ad alternative inesistenti. Alternative politiche istituzionali, alternative alla gestione dell’imperialismo globale, alternative “umane” al capitalismo. È per la medesima sindrome che si oppone all’imperialismo aggressivo il buonismo pacifista o terzomondista.” “L’alternativa, l’unica alternativa radicale, sta nella virilità spirituale, in quella via perigliosa e affascinante che se è vero che conduce spesso al titanismo e dunque ad una sia pur epica perdizione, nei casi più degni perviene all’eroismo: la via guerriera.”
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“Ed è possibile andando al passo con i tempi.
Accompagnando, cioè, l’attuale tendenza all’allargamento degli spazi in una visione imperiale europea (…) dando alla localizzazione una coscienza memoriale, improntata sia sul genius loci che sul genius speciei (…) mediante la realizzazione di economie sociali, al contempo cooperative e corporative, che siano radicate e fondate sul matrimonio luogo-lavoro.  Ed accompagnando le crescenti crisi di coniugazione della politica che si susseguono giorno dopo girono nella società post-democratica con la costituzione di strutture agili ed artiglianti che operino in difesa della giustizia e della dignità comuni, nel segno di un’articolata ed antioligarchica lobby di popolo.”
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“Perché è solo ed esclusivamente propugnando, offrendo, affermando ed imponendo un modello antropologico completamente diverso da quello che sfila sulle passerelle quotidiane, che è consentito dar forma ad un progetto contemporaneamente metapolitico, parapolitico e politico.
Il resto, tutto il resto è irrisorio, lamentevole, fallace e, comunque, effimero.”